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Sicurezza informatica e quotidiani: che tristezza....

Nella versione web del Corriere della Sera di stamattina compare in bella evidenza una notizia "I cinque segnali spia che rivelano che il telefono è stato hackerato" categorizzata come "Cybersecurity".

Clicco, trovo un sottotitolo promettente "Come può un utente, anche il meno esperto, tutelare la sicurezza del proprio smartphone?" e mi metto a leggere. Trovo descrizioni di funzionalità che possono essere più o meno utili ma che hanno poco o nulla (eufemismo) a che vedere con "telefono hackerato". Non si capisce se la app è un normalissimo antivirus, un normalissimo ad blocker, un normalissimo raccoglitore di sensori...magari fosse possibile "tutelare la sicurezza del proprio smartphone" semplicemente mescolando funzionalità come queste.

Qualche giorno prima la versione web del Fatto Quotidiano mostrava la stessa app facendo ancora più confusione. Inizia specificando che "promette di tutelare al meglio la sicurezza dei propri dati sensibili" poi quattro righe più sotto il tema diventa la "condivisione, a nostra insaputa, dei dati personali". Dati sensibili o dati personali? Possibile che nel 2019, dopo anni e anni di normative sulla tutela della privacy, dopo l'entrata in vigore della GDPR che ha causato scompiglio in tutta Europa, i due termini siano allegramente scambiati?

Tre righe più sotto si fa riferimento allo scandalo Cambridge Analytica. Non sono scritte cose inesatte ma il lettore non è aiutato minimamente a capire che nessuna app, tantomeno quella descritta, può tutelare rispetto ad un utilizzo dei dati diverso da quello dichiarato (è il caso di Cambridge Analytica).

In breve, notizie come queste a me fanno pensare ad articoli riempitivo scritti facendo cut-and-paste di volantini pubblicitari o cose del genere.

Non è questo il modo migliore per combattere la crisi dei quotidiani "tradizionali" ed incoraggiare i lettori a pagare per abbonarsi (io ho appena fatto un abbonamento di prova al Corriere della Sera).

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